La sostenibilità, scomposta nelle sue componenti semplici (produzione di energia rinnovabile innanzitutto, poi gestione di acqua, mobilità etc.) è ormai più o meno ovunque, sulle bocche e nei progetti di tutti, in tutti i contesti. All’Expo Edilizia in corso a Roma per esempio non c’è stand che non tocchi il tema. Il bel auditorium di De Lucchi ospita anche quest’anno “Working with Nature” manifestazione alla sua IV edizione curata da Land (quest’anno dedicata a “Green Landscape Economy”). Alle sue spalle occupano spazio crescente i micro-paesaggi dell’Aiapp (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio). A fianco, il grande stand del Green Building Council Italia (interessante novità di quest’anno) ed il progetto Biosphera (prototipo itinerante di casa passiva realizzato da ZEPHIR, Zero Energy and Passivhaus Institute for Research). Poco oltre lo stand dell’IN/ARCH con i lavori dei master (ed in particolare il lavoro sul discusso ex Residence Bravetta).
Eppure i padroni di casa (Fiera di Roma) sono ospiti cortesi finché non li si chiama in ballo, invitandoli a sedersi a un tavolo, per discutere di sé.
La vicenda che voglio raccontare è una vicenda triste, di censura violenta e immotivata. Incomprensibile se non al prezzo (molto amaro) di riconoscere che di sostenibilità si può parlare finché non si toccano interessi reali, quelli di chi (in luoghi e forme riservate) si spartisce aree e diritti edificatori, cubature e cariche eccellenti.
Questa la vicenda. Invitati come IN/ARCH ad organizzare un convegno per l’Expo proponiamo di affrontare un tema caldo e urgente per la città, quello del destino della fiera stessa, della ex fiera non più utilizzata (ma in un’area piuttosto centrale della città) e della nuova struttura (al centro di un bel pezzo di agro romano in bilico tra la città, l’aeroporto e il mare, e di una nebulosa scomposta ma crescente di nuove attività commerciali, direzionali e in parte residenziali). Proponiamo un titolo semplice ed inequivocabile: “Trasformazioni urbane. Quale futuro per la vecchia e la nuova fiera di Roma?” che come tale viene accolto e pubblicato in calendario, con la promessa della partecipazione del presidente della Fiera.
Due giorni prima dell’apertura della fiera però, di fronte ad una locandina che come è proprio delle immagini ha forse un potere evocativo e sintetico ancora più forte delle parole (una semplice schermata di Google Hearth con evidenziati in rosso i due complessi), riceviamo la comunicazione che il dibattito è stato annullato… per mancanza di tempo e di spazio!
Alla Fiera di Roma non c’è spazio per parlare di Roma a partire da questioni reali, concrete e aperte, come il destino della ex fiera (in larga parte di proprietà pubblica, del comune e della regione), né tanto meno per fare un bilancio sulle attività della nuova fiera, per riflettere sul suo ruolo e sul suo impatto sul territorio della città.
Alla luce di questa inaspettata e radicale censura tutte le belle cose di cui sopra (green economy, cura del paesaggio, protocolli di qualità e certificazioni…) appaiono come uno stonato brusio fuori luogo…