ENERGY Architettura e reti del petrolio e del post-petrolio

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Al centro di un itinerario che andrà da Recycle (la mostra precedente) ad una mostra sul tema della comunità, il MAXXI fa con Energy un passo ulteriore verso le questioni più urgenti della nostra società e lo fa nel modo più audace, non proponendo una semplice documentazione di progetti esistenti ma commissionando una ricerca. Tre sezioni, Stories, Frames e Visions, guardano al passato, al presente e al possibile futuro del rapporto tra energia e territorio.

In Stories progetti e realizzazioni di Ridolfi, Dardi, Gellner e Nervi per stazioni di servizio, autogrill, motel e villaggi come Metanopoli, raccontano della collaborazione felice tra architetti ed industria energetica nell’Italia del dopoguerra, l’Italia del boom dell’automobile, dell’autostrada e della velocità. Questa sezione, collocata alla fine del percorso espositivo, molto ricca grazie all’insieme delle fonti raccolte, rappresenta in realtà la radice concettuale oltre che temporale dell’intera mostra.

Procedendo a ritroso infatti, verso il futuro e l’inizio della mostra, al di là di una poco convincente sezione intermedia dedicata ad analizzare attraverso la fotografia i luoghi della produzione, distribuzione ed utilizzazione dell’energia nel presente, lo sguardo verso il possibile viene rivolto dal curatore riproponendo agli architetti invitati una riflessione sulle forme della mobilità e della distribuzione del suo carburante. Come recita il testo all’ingresso: “sette architetti… disegnano lo spazio delle stazioni di servizio dei prossimi decenni”.

Ma se è chiaro a tutti che la stazione di servizio del futuro dovrà innanzitutto e fondamentalmente essere uno spazio produttivo, emerge dalla mostra una difficoltà degli architetti a sporcarsi le mani con le esigenze specifiche delle nuove forme di energia. Molto poetico per esempio il pozzo-foresta di Fujimoto, peccato che non si capisca granché se e come possa funzionare (dal punto di vista energetico). Altrettanto potente dal punto di vista architettonico la sovrastruttura a griglia sugli autogrill di IAN+ ma anche in questo caso non si capisce se e perché una produzione di idrogeno da alghe possa davvero trarre beneficio, o almeno effettiva ospitalità, dalla specificità di questa forma.
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Più convincenti, dal punto di vista del rapporto tra forma ed energia, le microinfrastrutture produttive di Noero Architects dove a partire dalla realtà di un piccolo villaggio di pescatori, si propone un dispositivo in grado di inserirsi negli spazi tra le case e negli spazi pubblici per sostenere nuove economie locali.

Semplice ma potente la proposta di Modus Architects dove i 6.650 km di autostrada italiana vengono raddoppiati in una superficie aerea, continua e modulata, ottenendo così 160 milioni di metri quadri di parco elettrico solare, capace di produrre e distribuire energia. Se il petrolio infatti si quantificava in volume, l’energia solare richiede superficie. Un unico appunto: anche in questo caso sarebbe stato bello osare di più, dando corpo e materia a questa superficie, unendo davvero forma e tecnologia.

In conclusione, la domanda inevitabile per chi si occupa di architettura e nuove forme di energia è perché invitare degli architetti a riflettere su possibili scenari post petroliferi riproponendogli un tema, quello della stazione di servizio, chiaramente legato alla specificità della forma energetica in declino? Perché non spingere la riflessione sul vero nodo del passaggio dal petrolio alle rinnovabili, ovvero su come cambieranno i luoghi della produzione, dal momento in cui questa non sarà più centralizzata ma diffusa e distribuita sul territorio? Non è questa forse la svolta epocale che rimetterà in gioco tutto il nostro paesaggio costruito, tramutandolo da luogo del consumo in luogo produttivo?

L’impressione è che, nonostante la scelta lungimirante del tema, i curatori in primis fatichino a liberarsi dall’impatto di una modernità dalle cui glorie e logiche gli architetti in generale stentano a congedarsi.

About paesaggisensibili

Architect and senior fellow of the McLuhan Program in Culture and Technology of Toronto University, I'm a member of the board of directors of the Italian National Institute of Architecture (IN/ARCH) in Rome, where since 2003 I am in charge of the Institute Master Programs. My studies are rooted in the fields of architecture and philosophy of science with a special interest in biology and anthropology. Key words for my research are: Man, Space, Nature, Technique, Webness, Ecology, Relations, Interactions, Resources, Energy, Landscape, Footprint, Past and Future. My goal is to build critical understanding of the present to suggest useful strategies to build the future.

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