Insieme a Ballarò, il Capo e la Vucciria, Borgo Vecchio è uno dei quattro mercati storici di Palermo. Più piccolo e meno famoso è, come gli altri mercati, un’area di resistenza di pezzi di città che sembrano appartenere a un’altra epoca e a un altro Paese. Qui un progetto di urban art sta restituendo bellezza al quartiere…
Il mio articolo per ARTRIBUNE
Insieme a Ballarò, il Capo e la Vucciria, Borgo Vecchio è uno dei quattro mercati storici di Palermo. Più piccolo e meno famoso è, come gli altri mercati, un’area di resistenza di pezzi di città che sembrano appartenere ad un’altra epoca e ad un altro paese. Un paese, a cinque minuti a piedi dal centro ricco e signorile di una delle più grandi città italiane, dove la lingua non è l’italiano ma il siciliano e in cui si vive, si gioca e ci si arrangia a lavorare in mezzo alle macerie di case diroccate buttate giù dai bombardamenti o da crolli recenti, tra muri scrostati, castelli di impalcature di sostegno e baracche con tetti in lamiera fermati da grosse pietre.
Un’area di sopravvivenza dove un tasso di disoccupazione del 40%, un diffuso analfabetismo, un livello di scolarizzazione insufficiente e un tasso di criminalità elevato, descrivono una condizione di evidente marginalità sociale: di inspiegabile ed epocale ritardo dell’amministrazione cittadina nel farsi carico di un processo diffuso di rigenerazione insieme urbana e sociale.
In questo silenzio della res publica (cioè di una capacità progettuale a livello politico e urbano), appaiono ancora più forti, stridenti, allegri e terribili, i muri colorati e poetici, animati dal progetto BORGO VECCHIO FACTORY.
Il progetto, basato su un ciclo di sei mesi di laboratori pomeridiani di pittura per bambini, ha portato alla realizzazione di 15 murales, alla sistemazione del campetto da calcio della zona e al coinvolgimento diretto nel processo di oltre un centinaio di persone di tutte le età. Proseguendo un’esperienza iniziata nel 2012 dalle onlus Arteca e Per Esempio in collaborazione con l’artista Ema Jons (esperienza che aveva portato alla realizzazione dei primi 10 murales), il progetto si è sviluppato attraverso la collaborazione con l’organizzazione no-profit PUSH, responsabile di una mirabile campagna di raccolta fondi associata a piccoli riconoscimenti, virtuali (originali ringraziamenti su FB) e materiali, come un piccolo quaderno/catalogo dei dipinti, realizzato in edizione limitata dalla casa editrice Edizioni Precarie.
Rilegato a mano, CARNEt, è un quaderno pop up realizzato su carta alimentare della frutta, del pane, del pesce e dei salumi usata dalle botteghe dei venditori nel mercato e raccoglie il bestiario immaginario creato insieme da Ema e dai bambini e trasferito, in accordo con le famiglie, sui muri delle loro case.
Oltre ad Ema Jones, artista comasco residente a Palermo, il laboratorio ha coinvolto successivamente altri due artisti: Aris, muralista di Viareggio, e successivamente Alleg, muralista abruzzese basato a Roma, autore del grande pallone da calcio (a bordo del campetto recuperato) che riproduce la topografia del Borgo con i tetti in nero e lo spazio pubblico (le strade e le piazza) in bianco. Ma la zona ha attirato nel frattempo l’attenzione di altri street artist come la giovane palermitana Bloom e NemO’s…
L’importanza di questo lavoro è insieme nel processo che ha attivato e nei risultati che ha prodotto: in un contesto in cui i bambini crescono tra macerie e spaccio, nella più assoluta mancanza di servizi e prospettive, vedere che cambiare si può, che uno slargo di cemento può diventare un bellissimo campo da gioco, che intorno ad un obiettivo si può aggregare una comunità, ma anche che le proprie passioni o paure possono diventare espressioni potenti, capaci di portare bellezza e richiamare visitatori e attenzione, tutto questo è già in sé un risultato importante. É l’inizio di un presente diverso.