Architette di Resilienza, alla Biennale di Venezia

17. Mostra Internazionale di Architettura La Biennale di Venezia
Padiglione Italia, 23 maggio ore 14.00-17.00

Un evento a cura di Marialuisa Palumbo e RebelArchitette

Nonostante la loro costante sotto-rappresentanzione sulla scena pubblica, nei dibattiti, le mostre, le commissioni, i premi e le giurie, in Italia in prima linea tra le figure capaci di reinventare la pratica architettonica alla ricerca di una nuova alleanza tra il costruire e l’abitare-senza-violenza, prendendosi cura delle ferite passate (imposte sui territori), sono le architette.

Obiettivo del talk “Architette di Resilienza”, organizzato in occasione dell’apertura al publico del Padiglione Italia, e curato insieme da MariaLuisa Palumbo e RebelArchitette, è dunque presentare alcune di queste professioniste, nella certezza che la loro pratica progettuale individui atti importanti di resilienza.

Abbiamo raccolto questi “atti fondamentali” in quattro categorie di progetti: la riqualificazione di luoghi e spazi urbani, il recupero di paesaggi industriali, la chiusura dei cicli di materia, e la riscrittura di forme e di segni comuni e condivisione di tracce (approcci, strumenti).

Muovendoci dunque dalla scala urbana e di paesaggio, verso quella della progettazione di interni, per poi affacciarci sul mondo del disegno e della comunicazione online, ecco un elenco ragionato delle architette e dei lavori su cui vogliamo richiamare l’attenzione.

Riqualificazione di luoghi e spazi urbani

Apriamo con Patrizia Di Monte che, dopo aver fondato insieme a Ignacio Grávalos lo studio Grávalos-Di Monte a Saragozza (Spagna) nel 1998, nel 2009 promuove e gestisce per il comune Estonoesunsolar (“questo non è uno spazio abbandonato”), insieme un Piano di Occupazione e di coinvolgimento della cittadinanza nella ri-produzione dello spazio urbano, attraverso la trasformazione di spazi abbandonati in spazi di seduta, di incontro e di gioco.

Diversa, ma ugualmente centrata sul bisogno di costruire un dialogo tra enti di governo del territorio, cittadini ed esperti, è la proposta di Mariola Peretti per la riqualificazione dello spazio pubblico del Centro di Bergamo. Un lavoro in corso, di gruppo, risultato dalla vittoria di un concorso di progettazione, basato sull’idea che ciò che progettiamo sono “strati” all’interno di una città che è “prima e dopo” e di cui questo progetto non sarà che un momento di passaggio.

Spostandoci da nord a sud, ma rimanendo nell’ambito della riqualificazione degli spazi urbani, Rossella Ferorelli, nel 2011 cofondatrice dello studio piattaforma culturale SMALL con sede a Bari e Milano, nel progetto di riqualificazione urbana di Corso Mazzini e Piazza De Nicola nel quartiere Libertà a Bari, ridisegnando la sezione stradale, spazi di seduta e camminamenti alberati, ribalta equilibri consolidati tra parcheggio informale e spazi pubblici e pedonali.

Lo studio TSPOON, fondato nel 2006 da Nina Artioli, Alessandra Glorialanza e Eliana Saracino, e attivo dalla scale delle installazioni temporanee ai masterplan territoriali, attraverso processi di progettazione partecipata ed iniziative editoriali, col progetto per la riqualificazione dell’ambito urbano del Villaggio Olimpico di Roma porta avanti la riflessione sul rapporto tra spazio pubblico e densità urbana, ovvero sulla quantità di persone e attività necessarie per creare vitalità urbana.

La riattivazione di spazi comuni, attraverso la costruzione di “macchine urbane” capaci di innescare nuove possibilità di uso e attraversamento, è al centro delle pratiche del collettivo romano Orizzontale fondato nel 2010, di cui fanno parte Margherita Manfra e Nasrin Mohiti Asli. Nel processo di riqualificazione partecipata del quartiere di edilizia pubblica Toscanini di Aprilia, la piazza mai finita viene finalmente consegnata alla città, attraverso un processo (appena concluso) che ha coinvolto i cittadini in due anni di costruzione collettiva.

Recupero di paesaggi industriali

Passando alla seconda categoria, cioè al recupero di ex spazi industriali, di luoghi di estrazione, produzione, o controllo militare, nel colorato Darsena PopUp, intervento di riuso temporaneo radicato nell’identità portuale di Ravenna realizzato nel 2016 da Officina Meme, di Maria Cristina Garavelli, Lara Bissi e Cristina Bellini, l’inserimento di spazi sportivi e ricreativi porta nuova vita sulla Darsena in tutte le ore del giorno, attraverso una nuova eterogeneità funzionale.

A ridosso delle acque straordinarie della punta nord ovest della Sardegna, la reinvenzione di una miniera di piombo, zinco e ferro, abbandonata dai primi anni sessanta con le sue caratteristiche strutture in legno e pietra, è al centro della proposta di Landworks e Paola Serrittu per il borgo minerario dell’Argentiera (2019). L’obiettivo è qui trasformare un presidio di sperimentazione artistica e didattica da temporaneo in permanente, combinando l’attività di formazione svolta dall’università, con attività museali, visite guidate, festival e marketing culturale.

Il recupero delle saline Joniche di Reggio Calabria e di quelle di Monastir in Tunisia, l’area ex-Italcementi di Catania e quella di di Bagnoli a Napoli, come dell’area dell’ex base NATO di Comiso vicina a Ragusa, sono invece al cuore del laboratorio di ricerca Paesaggi Resilienti per la riattivazione di Zone Temporaneamente Abbandonate, curato da Lucia Pierro e Marco Scarpinato, nel 1998 fondatori dello studio palermitano AutonomeForme.

Lo studio LabF3, di Francesca Favero, Caterina Franco, Anna Frigerio, nel 2013 comincia un processo di rifunzionalizzazione di una cascina montana in un agriturismo nelle montagne bergamasche. Un progetto di laurea, sensibile ai luoghi ed ai processi di trasformazione e produzione che vi sono radicati, capace di rilanciare un turismo dai ritmi lenti e in armonia con la natura.

L’architettura della cura, un’architettura cioè finalizzata a dare qualità attraverso il recupero attento dell’esistente, soprattutto nei progetti a budget ridotto, è al centro della proposta dallo studio Arbau, di Marta Baretti e Sara Carbonera, ed in particolare della trasformazione, avviata nel 2013 e ancora in corso, di un’ex area militare non distante da Venezia in un centro d’eccellenza per la cura delle dipendenze.

Riusi di materia e ottimizzazione delle risorse

Considerando adesso i riusi di materia e più in generale l’ottimizzazione delle risorse disponibili in cicli ri-produttivi chiusi e filiera corta, Tiziana Monterisi con la start up RiceHouse, fondata nel 2016, trasforma gli scarti della coltivazione del riso in materiali edili: telai in legno e paglia di riso, termo intonaci, finiture in lolla-calce, malte e massetti alleggeriti. Materiali adatti a tutti i tipi di costruzioni e capaci di produrre edifici salubri: dal chicco alla casa, dall’agricoltura all’architettura.

Molto simile l’approccio di Sara Lucietto, muratrice con una formazione da designer di interni, che dal 2015 con l’impresa Terra e Paglia costruisce case in materiali naturali e auto-prodotti, condividendone tutte le fasi di realizzazione in forme ecologiche di autocostruzione, capaci di coinvolgere non solo altri professionisti ma chiunque abbia voglia di sporcarsi le mani e farsi la casa letteralmente da sé. Una “rivoluzione gentile” e sorridente, che inizia dalla terra e la paglia per fare “cose grandi”, come una casa.

Diverso ma molto vicino l’approccio di Marta Maccaglia, dal 2011 in Perù, dove ha fondato l’associazione Semillas (“semenza”), ONG con la missione di costruire scuole per le aree e le popolazioni più remote dell’Amazonia, nella convinzione che l’educazione sia l’unica vera semenza per costruire uguaglianza, democrazia e futuro.

Riscritture di forme e condivisione di tracce

Spostandoci sulla quarta ed ultima delle categorie che abbiamo individuato, quella delle ri-scritture di forme e condivisione di tracce, ovvero, della progettazione come stratificazione di tradizioni antiche e locali ma anche come campionatura, manipolazione e rilancio di informazione nel mondo globale della rete. In questa categoria collochiamo l’esperienza poetica e mediterranea degli interni di architettura delle sorelle Lycia e Gaia Trapani, che con Lyga Studio recuperando materiali e tecniche tradizionali, realizzano spazi residenziali intimi, che sintetizzano in chiave contemporanea la tradizione siciliana.

Saltando di nuovo dal mare ai monti, nel 2018 Lara Sappa e Fabio Revetria, fondatori dello studio Officina82 specializzato in interventi di recupero di edifici montani, lanciano la start-up StarsBox, per la produzione di micro-architetture in serie, un po’ tende e un po’ capanne in materiali naturali, adattabili a più contesti outdoor, capaci di offrire protezione ma anche di aprirsi al cielo, in una reinterpretazione contemporanea dell’architettura rurale alpina.

Ri-scrittura o stratificazione a partire da realtà pre-esistenti, è il lavoro sul disegno di Cristina Senatore. In Scenari Futuri per esempio, una serie di collage del 2019, i disegni del biologo Ernst Haeckel divengono “nature architettoniche”, gusci sospesi nello spazio interstellare o sulla sabbia di pianeti bui e desertici, raccontandoci di un altrove, post catastrofe, ma anche di continuità e sopravvivenza, e di una nuova centralità di donne “sapienti e resilienti”.

Infine, con Mariana Martini, e la sua attività tra l’Italia, il Brasile e la rete, ci affacciamo sul cortocircuito tra design e social network. Martini infatti affianca all’attività di architetta di “interni tropicali” (capaci di accoglierti al ritorno dal lavoro e dalla scena urbana dandoti la sensazione di “entrare in un albergo a Bali”), la formazione e l’aggiornamento continuo delle giovani professioniste attraverso la sua popolarissima presenza Instagram. Un percorso di condivisione della pratica professionale intesa come gestione di impresa, non solo nel controllo del progetto e dei suoi strumenti, ma anche del rapporto con il cliente.

Queste architette rappresentano uno spaccato di una presenza e ricchezza di approcci e possibilità certamente molto più grande ed estesa di quello che abbiamo potuto raccontare. Ma nelle modalità operative di questi studi è possibile leggere un modo di fare impresa, di pensare il progetto, il cliente e il modo di mettere su un cantiere, a basso impatto ecologico ed alto impatto sociale. L’architettura è qui innanzitutto un atto di incontro, di cura, di riscrittura, di trasformazione e recupero. Al di là della questione di genere, è questo il cuore di un nuovo modo di fare spazio.

About paesaggisensibili

Architect and senior fellow of the McLuhan Program in Culture and Technology of Toronto University, I'm a member of the board of directors of the Italian National Institute of Architecture (IN/ARCH) in Rome, where since 2003 I am in charge of the Institute Master Programs. My studies are rooted in the fields of architecture and philosophy of science with a special interest in biology and anthropology. Key words for my research are: Man, Space, Nature, Technique, Webness, Ecology, Relations, Interactions, Resources, Energy, Landscape, Footprint, Past and Future. My goal is to build critical understanding of the present to suggest useful strategies to build the future.

One comment

  1. Mari

    interessante! però, se parliamo di architette, di prendersi cura delle ferite passate e di “Riusi di materia e ottimizzazione delle risorse” mi meraviglia l’assenza di 2 architette italiane che in queste direzioni hanno fatto molta scuola: Daniela Ducato con Edizero e Architettura per la pace e Serena Omodeo Salè con Verdeaureo dell’architettura e molto altro

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